Lavoro occasionale: limiti, differenze e riqualificazione

Nel panorama giuslavoristico italiano, poche materie generano tanta confusione quanto la gestione delle prestazioni lavorative “non standard”. Imprenditori, professionisti e lavoratori si trovano spesso a navigare in una vera e propria “giungla” normativa, cercando di districarsi tra istituti apparentemente simili ma giuridicamente distinti. Comprendere appieno i limiti e le differenze del lavoro autonomo occasionale è il primo passo fondamentale per evitare errori costosi, sanzioni amministrative e, soprattutto, il grave rischio di una riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato.

L’errore più comune è credere che esista un’unica “zona franca” al di sotto dei 5.000 euro annui, all’interno della quale ogni prestazione è lecita e priva di obblighi. Come dimostra la giurisprudenza costante, questa convinzione non solo è errata, ma espone il committente a contenziosi dall’esito spesso sfavorevole. Questa guida si propone di fare chiarezza definitiva, analizzando le differenze sostanziali tra il vero lavoro occasionale (Art. 2222 c.c.), il lavoro abituale (Partita IVA), la Co.co.co. e il PrestO (ex-voucher), con un focus specifico sui criteri utilizzati dai giudici per la riqualificazione del rapporto.

Indice dei Contenuti

Lavoro Autonomo Occasionale: Limiti, Differenze e Rischio di Riqualificazione

1.1 La “giungla” normativa: perché Lavoro Occasionale, Co.co.co., PrestO e Partita IVA vengono confusi

La confusione nasce da una sovrapposizione di norme fiscali, previdenziali e giuslavoristiche. Un limite puramente previdenziale (i 5.000 € per l’INPS) viene erroneamente interpretato come un limite fiscale o di liceità del contratto. Allo stesso tempo, la terminologia (“occasionale”) viene usata per due istituti completamente diversi: il Contratto d’Opera (Art. 2222 c.c.), che è un rapporto di lavoro autonomo puro, e il Contratto di Prestazione Occasionale (PrestO), che è l’erede dei “voucher” ed è gestito interamente su piattaforma INPS. Aggiungendo a questo la Co.co.co. (caratterizzata da coordinamento) e l’obbligo di Partita IVA (legato all’abitualità), è evidente come, senza una guida tecnica, la scelta di un inquadramento errato sia un rischio concreto.

Il Contratto d’Opera (Art. 2222 c.c.): Il Vero Lavoro Autonomo Occasionale

Per comprendere il lavoro autonomo occasionale, è necessario partire dalla sua fonte normativa primaria, che non è una “legge sulla prestazione occasionale”, bensì la disciplina codicistica del Contratto d’Opera. È questo il nomen iuris corretto del rapporto.

2.1 I requisiti fondamentali: Lavoro “prevalentemente proprio” e “assenza di subordinazione”

Il testo dell’articolo 2222 c.c. è chiaro nell’identificare i pilastri che definiscono questo contratto. Dal tenore letterale della norma, si evincono i tre requisiti fondamentali:

  • Lavoro Prevalentemente Proprio: L’esecuzione dell’opera o del servizio deve avvenire attraverso l’attività personale del prestatore. Questo esclude l’impiego di un’organizzazione d’impresa complessa (che configurerebbe un appalto) o di mezzi e capitali preponderanti rispetto al lavoro.
  • Senza Vincolo di Subordinazione: Questo è l’elemento discriminante cruciale rispetto al lavoro dipendente (definito dall’Art. 2094 c.c.). Il prestatore è totalmente autonomo e responsabile del risultato; organizza liberamente le modalità, i tempi e il luogo di esecuzione della prestazione, senza essere soggetto al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del committente.
  • Verso un Corrispettivo: Il contratto ha natura onerosa, prevedendo un compenso per l’opera o il servizio reso.

BOX NORMATIVO 1: L’Art. 2222 del Codice Civile (Contratto d’Opera)

“Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV.”

2.2 Il requisito dell’Occasionalità: un concetto di fatto, non un limite di tempo

Si noti che l’Art. 2222 c.c. non contiene il termine “occasionale”. La qualificazione di “occasionalità” deriva da altre fonti (principalmente fiscali) e serve a distinguere questo tipo di rapporto da quello “abituale”, che impone l’apertura della Partita IVA.

L’occasionalità non si misura, come erroneamente si crede, in un limite di giorni (es. 30 giorni all’anno, limite che apparteneva alle “mini co.co.co.” abrogate nel 2015). L’occasionalità è un concetto di fatto che si contrappone all’abitualità. Un’attività è occasionale quando è:

  • Episodica e una tantum: Si esaurisce in un’unica prestazione o in poche prestazioni isolate (uno actu).
  • Non Coordinata: Non prevede un inserimento funzionale e stabile nell’organizzazione del committente.
  • Non Abituale: Manca dei requisiti di professionalità e sistematicità che vedremo nel dettaglio (es. promozione dell’attività, organizzazione di mezzi, ecc.).

Il Falso Mito: La Natura Esclusivamente Previdenziale dei 5.000 €

Il punto di maggiore confusione nella prassi è il ruolo della soglia dei 5.000 €. È imperativo chiarire che questo limite non ha natura fiscale, non determina l’obbligo di apertura della Partita IVA e non rappresenta un “tetto” massimo di guadagno per il lavoro occasionale. La sua funzione è una ed una soltanto: previdenziale.

3.1 Cosa succede realmente al superamento dei 5.000 €: l’obbligo INPS sulla quota eccedente

La soglia dei 5.000 € lordi annui (intesi come somma dei compensi ricevuti da tutti i committenti occasionali nell’anno solare) è un limite introdotto dalla normativa sulla Gestione Separata INPS (istituita dalla L. 335/1995).

Il meccanismo è il seguente:

  • Sotto i 5.000 €: I compensi sono esenti da contributi previdenziali. Non vi è alcun obbligo né per il prestatore né per il committente.
  • Sopra i 5.000 €: Scatta l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS.
  • Base Imponibile: I contributi sono dovuti esclusivamente sulla quota di compenso eccedente i 5.000 €. Se un prestatore guadagna 6.000 € lordi, i contributi si calcolano solo su 1.000 €.
  • Ripartizione: L’onere contributivo sulla quota eccedente è ripartito: un terzo (1/3) è a carico del lavoratore (trattenuto dal compenso) e due terzi (2/3) sono a carico del committente.

Il superamento di questa soglia, quindi, ha l’unica conseguenza di attivare l’obbligo contributivo INPS, ma non modifica in alcun modo la natura fiscale o giuridica del rapporto.

3.2 Perché i 5.000 € sono irrilevanti per Fisco e Partita IVA: l’analisi della Cassazione (Sent. 4419/2021)

La giurisprudenza della Corte di Cassazione è monolitica nell’affermare che la soglia previdenziale dei 5.000 € è normativamente irrilevante per determinare l’abitualità e, di conseguenza, l’obbligo di apertura della Partita IVA o l’iscrizione alla Gestione Separata INPS come professionista.

La Sentenza n. 4419 del 17 febbraio 2021 è fondamentale per distinguere gli obblighi previdenziali dell’occasionale da quelli del professionista abituale. La Corte ha chiarito in modo inequivocabile che l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione Separata come professionista è collegata all’esercizio abituale di una professione, a prescindere dal reddito prodotto. La soglia dei 5.000 € rileva solo ed esclusivamente per assoggettare a contribuzione attività che siano già state qualificate come “occasionali”.

BOX GIURISPRUDENZIALE 1: Cassazione, Sent. n. 4419/2021: L’irrilevanza dei 5.000 € per l’abitualità

“[…] nell’intento del legislatore […] l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista […] è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione […]; la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione […], restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità.”

Il Vero Limite: Lavoro Occasionale vs. Lavoro Abituale (e l’Obbligo di Partita IVA)

Se il limite dei 5.000 € non è rilevante ai fini fiscali, qual è allora il vero discrimine che impone la fine delle prestazioni occasionali e l’inizio dell’attività professionale? La risposta è una: l’abitualità.

Quando un’attività, pur rimanendo autonoma (ex Art. 2222 c.c.), perde il carattere di episodicità e diviene abituale e professionale, il prestatore è obbligato ad aprire una Partita IVA. Di conseguenza, i redditi percepiti non saranno più “Redditi Diversi” (Art. 67 TUIR), ma diventeranno “Redditi di Lavoro Autonomo” (Art. 53 TUIR), con tutti gli obblighi fiscali e previdenziali che ne derivano (fatturazione elettronica, versamento IVA, iscrizione alla Gestione Separata INPS come professionista senza cassa, ecc.).

4.1 Quando l’attività è “abituale”? I “Quattro Pilastri” della Giurisprudenza

Dato che l’abitualità non è definita da un importo, la giurisprudenza e la prassi dell’Agenzia delle Entrate la identificano sulla base di un’indagine di fatto, analizzando indici presuntivi che, nel loro complesso, dimostrano l’esistenza di un’attività professionale strutturata. Questi sono i “Quattro Pilastri” dell’Abitualità:

  • Ripetitività: La pluralità di incarichi e atti economici nel tempo. Svolgere 15 prestazioni in un anno, anche se per 15 clienti diversi e per un totale di 4.800 €, non è occasionale, ma abituale.
  • Regolarità e Stabilità: La presenza di un ritmo riconoscibile nelle prestazioni, che si protrae nel tempo (es. un’attività che dura per più anni fiscali, anche se con pochi incarichi).
  • Sistematicità (Organizzazione): L’organizzazione, anche minima, di mezzi, la predisposizione di un modus operandi professionale.
  • Promozione: La promozione dell’attività verso terzi (es. sito web professionale, biglietti da visita, pubblicità, profili social usati per cercare clienti).

In sintesi: chi si promuove sul mercato e svolge con regolarità la propria attività è sempre un lavoratore abituale e deve avere la Partita IVA, a prescindere dal fatto che guadagni meno di 5.000 €.

SCHEMA 2: Sei Lavoro Occasionale o Abituale? L’Albero Decisionale

Devi svolgere un’attività autonoma
L’attività è episodica/isolata (una tantum)?
NO
LAVORO ABITUALE
(Obbligo di Partita IVA)

L’attività è coordinata con l’azienda (inserimento funzionale)?
Co.co.co.
(Art. 409 c.p.c.)

NO
LAVORO OCCASIONALE
(Art. 2222 c.c.)

La Differenza tra Lavoro Occasionale (Art. 2222) e Co.co.co. (Art. 409 c.p.c.)

Un’altra area di profonda confusione è la distinzione tra l’autonomo occasionale (Art. 2222 c.c.) e il collaboratore coordinato e continuativo (Co.co.co.). Spesso si utilizza un contratto occasionale per mascherare una Co.co.co., esponendosi a rischi significativi.

È fondamentale premettere che la cosiddetta “collaborazione occasionale” (o “mini co.co.co.”), una vecchia tipologia che aveva limiti stringenti (30 giorni / 5.000 €), è stata definitivamente abrogata dal D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (Jobs Act) e non esiste più.

Oggi, la Co.co.co. “pura” (o “parasubordinazione”) è definita dall’Articolo 409, n. 3, del Codice di Procedura Civile.

5.1 I pilastri della Co.co.co.: Continuità e Coordinamento (l’inserimento funzionale)

Il Lavoro Occasionale (Art. 2222) e la Co.co.co. (Art. 409) si distinguono per due elementi fattuali opposti:

  • La Continuità: L’Art. 2222 è episodico (uno actu). La Co.co.co. è per definizione continuativa, soddisfacendo un interesse durevole del committente nel tempo.
  • Il Coordinamento: Nell’Art. 2222 il prestatore è totalmente autonomo. Nella Co.co.co., il prestatore, pur restando autonomo (organizza da sé l’attività), si coordina con il committente, inserendosi funzionalmente nell’organizzazione aziendale. Questo “coordinamento” non è il potere gerarchico del lavoro subordinato, ma un collegamento tecnico-organizzativo (es. partecipare a riunioni periodiche, rispettare scadenze intermedie, interfacciarsi con altri uffici).

Inoltre, a differenza dell’occasionale (che ha obblighi INPS solo sopra i 5.000 €), la Co.co.co. prevede l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS sin dal primo euro e l’obbligo di assicurazione INAIL (non previsto per l’occasionale puro).

Il Rischio di Riqualificazione in Lavoro Subordinato

Scegliere un contratto di lavoro autonomo (occasionale o Co.co.co.) quando le modalità di fatto della prestazione sono quelle di un dipendente, espone il committente al rischio più grave: la riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato a tempo indeterminato. Questo comporta il recupero di tutte le differenze retributive, contributive, TFR, ferie e permessi non goduti.

6.1 Il Principio di Effettività: la Giurisprudenza (Cass. 17019/2025) e la prevalenza dei fatti sul contratto

Nel diritto del lavoro italiano vige il principio di effettività (o prevalenza della realtà): la reale natura del rapporto di lavoro prevale sulla qualificazione formale (il nomen iuris) scelta dalle parti nel contratto. Se un contratto è formalmente una “collaborazione autonoma occasionale” ma il lavoratore, nei fatti, è sottoposto al potere gerarchico e disciplinare del committente, il giudice riqualificherà il rapporto come subordinato.

La recente Sentenza della Corte di Cassazione n. 17019 del 25 giugno 2025 ne è un esempio lampante. In questo caso, un professionista assunto da un Comune prima come “libero professionista” e poi come “collaboratore coordinato e continuativo” ha ottenuto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato dissimulato.

La Cassazione ha confermato la decisione di merito, ritenendo il contratto simulato sulla base di elementi fattuali inequivocabili, i classici indici sussidiari della subordinazione, che svelavano la reale natura del rapporto.

BOX GIURISPRUDENZIALE 2: Cassazione, Sent. n. 17019/2025: La Riqualificazione del “Falso Autonomo”

La Cassazione ha confermato la riqualificazione del rapporto in subordinato poiché, sulla base delle deposizioni testimoniali, è emerso che il lavoratore:

  • doveva soggiacere al potere gerarchico-direttivo dei dirigenti;
  • svolgeva compiti propri del tecnico comunale senza margini di autonomia;
  • osservava un orario di lavoro predeterminato;
  • percepiva una retribuzione fissa.

6.2 L’Etero-organizzazione (Art. 2 D.Lgs. 81/2015): quando la finta Co.co.co. diventa subordinazione

Oltre alla riqualificazione basata sugli indici classici (come nel caso appena visto), il legislatore ha introdotto una “presunzione” di subordinazione per colpire l’abuso delle Co.co.co.. È il cosiddetto fenomeno dell’etero-organizzazione, disciplinato dall’Art. 2 del D.Lgs. 81/2015.

Questa norma stabilisce che a una collaborazione (Co.co.co.) si applica l’intera disciplina del lavoro subordinato quando la prestazione è esclusivamente personale, continuativa e, soprattutto, quando le sue modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

In pratica, se un committente stipula una Co.co.co. ma poi impone al collaboratore di essere in ufficio in orari fissi (es. “lavori da qui, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 18”), sta “etero-organizzando” la prestazione. Il rapporto, anche se formalmente autonomo, è de jure trattato come subordinato.

BOX NORMATIVO 2: L’Art. 2 D.Lgs. 81/2015 (Collaborazioni etero-organizzate)

“A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.”

SCHEMA 3: Lo Spettro dell’Autonomia e il Rischio di Riqualificazione

Pura Autonomia

(Art. 2222 c.c.)
Episodico, nessun coordinamento.

RISCHIO BASSO

Autonomia Coordinata

(Co.co.co. Pura)
Continuativo, inserimento funzionale.

RISCHIO MEDIO

Etero-organizzazione

(Art. 2 D.Lgs. 81/15)
Committente impone tempi/luogo.

RISCHIO ALTO

Subordinazione Piena

(Art. 2094 c.c.)
Potere direttivo e disciplinare.

RIQUALIFICAZIONE

L’Equivoco Finale: Il Contratto di Prestazione Occasionale (PrestO) non è l’Art. 2222

Per completare il quadro, è necessario risolvere l’equivoco terminologico più recente: la “prestazione occasionale” (Art. 2222 c.c.) non è la stessa cosa del “Contratto di Prestazione Occasionale” (PrestO).

Si tratta di due istituti giuridici distinti, separati e non sovrapponibili. Il “PrestO” (introdotto dall’Art. 54-bis del D.L. 50/2017) è il successore dei “voucher” ed è una forma di lavoro semplificata per attività saltuarie, ma con caratteristiche radicalmente diverse dall’Art. 2222 c.c.

7.1 I limiti e la gestione INPS del PrestO (ex-voucher): un istituto diverso

Le differenze chiave del PrestO (ex-voucher) sono:

  • Gestione Obbligatoria INPS: Si utilizza esclusivamente tramite la piattaforma telematica INPS. L’utilizzatore deve pre-acquistare un “borsellino elettronico”.
  • Limiti Economici Stringenti: Ha limiti di compenso annui invalicabili (es. 5.000 € totali per il prestatore, 10.000 € totali per l’utilizzatore, 2.500 € per prestatore verso singolo utilizzatore).
  • Copertura Totale Inclusa: A differenza dell’Art. 2222 (sotto i 5.000 €), il PrestO include sempre la contribuzione alla Gestione Separata INPS e l’assicurazione INAIL, che sono comprese nel costo orario.
  • Esenzione Fiscale: I compensi ricevuti tramite PrestO sono esenti da imposizione fiscale (IRPEF) e non incidono sullo stato di disoccupazione.
  • Divieti Settoriali: È vietato in molti settori, come l’edilizia e l’esecuzione di appalti.

SCHEMA 1: Le 4 Forme di Lavoro a Confronto

Caratteristica Lavoro Occasionale (Art. 2222) Lavoro Abituale (P.IVA) Co.co.co. “Pura” (Art. 409) PrestO (Ex-Voucher)
Base Normativa Art. 2222 c.c. Art. 53/55 TUIR Art. 409, n. 3, c.p.c. Art. 54-bis D.L. 50/2017
Natura Autonomo, episodico, non coordinato. Autonomo, abituale, professionale, organizzato. Autonomo, continuativo, coordinato. Saltuario, gestito da INPS.
Adempimento Chiave Ricevuta con Ritenuta 20% Fattura Elettronica (IVA) Busta paga / CU (Redditi assimilati) Piattaforma INPS
Tassazione IRPEF (Redditi Diversi) IRPEF / Imposta Sostitutiva IRPEF (Redditi assimilati) Esente IRPEF
Contributi INPS Solo su eccedenza 5.000 € Sempre dovuti (Gest. Separata / Cassa) Sempre dovuti (Gest. Separata) Sempre inclusi
Ruolo dei 5.000 € Limite previdenziale Irrilevante (Cass. 4419/21) Irrilevante (ex “mini co.co.co.” abrogate) Limite massimo
Rischio Principale Riqualificazione in “abituale” (P.IVA) o “subordinato”. Accertamento fiscale se non gestita correttamente. Riqualificazione in subordinato (via Art. 2 D.Lgs. 81/15). Trasformazione in subordinato se si superano i limiti.

Adempimenti Pratici: Ritenuta d’Acconto e Comunicazione Obbligatoria

Oltre agli aspetti definitori e ai rischi di riqualificazione, l’utilizzo del lavoro autonomo occasionale (Art. 2222 c.c.) impone al committente due adempimenti pratici fondamentali, la cui omissione comporta sanzioni dirette.

8.1 La Ritenuta d’Acconto del 20% (Art. 25 D.P.R. 600/1973)

Quando il committente è un “sostituto d’imposta” (ovvero un’impresa, un professionista titolare di Partita IVA, un ente o un condominio), scattano gli obblighi di sostituzione fiscale.

Ai sensi dell’Art. 25 del D.P.R. 600/1973, il committente deve:

  • Trattenere il 20% dal compenso lordo a titolo di acconto IRPEF del prestatore.
  • Versare tale importo all’Erario entro il 16 del mese successivo al pagamento (tramite Modello F24, codice tributo 1040).
  • Rilasciare al prestatore la Certificazione Unica (CU) entro i termini di legge, attestante il compenso erogato e la ritenuta operata.

Se il committente è un soggetto privato (persona fisica senza Partita IVA), non è sostituto d’imposta, la ritenuta non deve essere applicata e il prestatore riceverà l’importo lordo, che dovrà poi dichiarare interamente ai fini IRPEF.

8.2 L’obbligo di Comunicazione Preventiva all’INL per gli imprenditori

Questa è la novità più rilevante degli ultimi anni, introdotta (D.L. 146/2021) per finalità antielusive e per contrastare l’uso dell’Art. 2222 c.c. per mascherare lavoro “nero”.

  • Soggetti Obbligati: L’obbligo ricade esclusivamente sui committenti che operano in qualità di imprenditori.
  • Soggetti Esclusi: Sono esclusi i professionisti (che non sono imprenditori), gli enti del terzo settore (con eccezioni), le associazioni e i committenti privati.
  • Adempimento: L’imprenditore deve inviare una comunicazione preventiva all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) territorialmente competente (via email o portale) prima dell’inizio della prestazione.
  • Sanzioni: L’omessa o ritardata comunicazione comporta una sanzione amministrativa da 500 € a 2.500 € per ogni lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa la comunicazione.
   

       
   

   

       

Approfondimento: Guida alle Sanzioni

       

Per un’analisi dettagliata delle sanzioni amministrative e dei rischi legati agli adempimenti omessi, leggi la guida completa.

   

Conclusioni: Scegliere il Contratto Corretto per Evitare Sanzioni

L’analisi dimostra come l’area del lavoro autonomo sia un campo minato da un’eccessiva fiducia nel limite dei 5.000 € e da una scarsa conoscenza dei principi di “abitualità” e “coordinamento”. Come confermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 4419/2021 e Cass. 17019/2025), i giudici e gli enti ispettivi non si fermano al nome del contratto, ma applicano il principio di effettività, guardando alle reali modalità di svolgimento della prestazione.

Utilizzare una prestazione occasionale per un’attività abituale espone al rischio di un accertamento fiscale con richiesta di apertura della Partita IVA e recupero dell’IVA non versata. Utilizzare una Co.co.co. o un contratto occasionale per mascherare un rapporto di fatto subordinato (imponendo orari e luogo di lavoro) porta alla conseguenza più grave: la riqualificazione in lavoro subordinato a tempo indeterminato, con recupero di contributi, TFR e differenze retributive.

Comprendere a fondo i limiti e le differenze del lavoro autonomo occasionale non è un mero esercizio teorico, ma la principale strategia difensiva per committenti e prestatori al fine di prevenire sanzioni e costosi contenziosi.

Domande Frequenti (FAQ)

Cos’è, in parole semplici, il lavoro autonomo occasionale (Art. 2222)?

Se guadagno meno di 5.000 €, sono automaticamente in regola?

Quando la mia attività da “occasionale” diventa “abituale” e devo aprire Partita IVA?

Che differenza c’è tra lavoro occasionale (Art. 2222) e Co.co.co.?

Il “lavoro occasionale” è la stessa cosa del “PrestO” (ex-voucher)?

Cosa rischio se uso un contratto occasionale ma in realtà sono un subordinato (falso autonomo)?

Hai dubbi sulla corretta qualificazione di un rapporto di lavoro?

La distinzione tra lavoro occasionale, Partita IVA e subordinato è complessa e ricca di insidie. Un inquadramento errato può portare a sanzioni fiscali, recuperi contributivi e costose cause di riqualificazione.

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A cura di:

Avv. Federico Palumbo

Avvocato Esperto in Diritto del Lavoro